FABIO PICCIONI
PHOTOGRAPHER

Fotografie: Le forme della produzione

Osservazione di un impianto produttivo.

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Fotografie: Alogenuri d'argento su Pini Larici

In mezzo a una delle prime foreste demaniali della Sardegna.

Qui alcuni esemplari di maestosi pini larici scattati con un apparecchio medio formato 6x7.

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Articoli: Annunciati i vincitori globali del World Press Photo 2023

date » 26-04-2023 12:41

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Il 20 aprile l'organizzazione del World Press Photo 2023 ha annunciato i vincitori globali, scelti tra i migliori lavori del 2022.

- Photo of the year: "Mariupol Maternity Hospital Airstrike" di Evgeniy Maloletka, Ucraina, Associated Press
- Story of the year: "Il prezzo della pace in Afghanistan" di Mads Nissen, Danimarca, Politiken / Panos Pictures .
- Long-Term Project Award: 'Battered Waters' di Anush Babajanyan, Armenia, per VII Photo Agency / National Geographic Society
- Open Format Award: "Qui, le porte non mi conoscono" di Mohamed Mahdy, Egitto.

Ecco le immagini!

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Intelligenza Artificiale, siamo pronti?

La scorsa settimana sono stati annunciati i vincitori del Sony World Photography Awards ed un fatto ha attirato la mia attenzione.

Tra i vincitori, per la categoria Creative - Open ha vinto Boris Eldagsen con il suo lavoro “Pseudoamnesia, the electrician”. Si tratta di una foto molto intensa che mostra due donne appartenenti a due generazioni diverse in un bianco e nero invecchiato con un viraggio sul seppia. Come spesso accade in questi concorsi, un po di giorni prima dell’ufficializzazione dei vincitori, il fotografo tedesco era stato contattato dall’organizzazione per informarlo della sua imminente vittoria. Quello che è successo dopo è un avvicendarsi di botta e risposta dove sostanzialmente il fotografo dichiara che l’opera è frutto dell’AI - Intelligenza Artificiale e che pertanto rifiuta il premio.

Da una parte Eldagsen non ha disatteso il regolamento del concorso che, come molti altri concorsi al momento, non prevedono nemmeno la possibilità di includere o escludere lavori eseguiti con piattaforme di intelligenza artificiale, dall’altra l’organizzazione WPO non ha espresso alcun parere contrario al fatto che l’immagine fosse stata costruita con tale tecnologia, anzi, è stato il fotografo stesso a rifiutare il premio.

L’artista tedesco ha dichiarato che era sua intenzione capire come mai ancora oggi non si è pronti ad affrontare questo discorso e che, secondo il suo parere, le immagini prodotte con l’AI non dovrebbero competere con la fotografia. Di fatto, quindi, il fotografo ritiene che quello che viene prodotto con l’AI non sia fotografia ma qualcos’altro. Boris Eldagsen d’altro canto è uno che sa il fatto suo, è considerato in Germania uno dei pionieri delle nuove tecnologie.

A valle di quanto accaduto restano due fatti non smentibili.

Il primo è che l’immagine di Boris Eldagsen è scomparsa dal sito SWPA e il secondo è che in fotografia, cosi come in molti altri contesti che spaziano dalle arti applicate alla narrativa, per passare dall’insegnamento alla divulgazione, non si è minimamente preparati ad affrontare queste tematiche. E sarebbe il caso di iniziare a farlo subito.

Il mio modesto parere è che non dovremmo fare una distinzione sul fatto che una fotografia possa essere fatta da una persona o da un’intelligenza artificiale quanto occorrerebbe riflettere sul perché facciamo quella fotografia, su cosa ci restituisce questa azione e se troviamo piacere/gratificazione anche nel caso usassimo l’AI per crearla. Sarebbe quindi alle radici del perché fotografiamo che andrebbe cercata una risposta, non tanto nel mezzo che utilizziamo per realizzarla.

Guardiamo verso il futuro senza conoscere bene cosa abbiamo nel presente.

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Fotografie: Apparecchi del 1956

Studio sulle strutture di un vecchio centro agricolo attraverso un apparecchio 4x5" del 1956. Questo tipo di processo mi aiuta a rallentare e ad osservare con maggiore profondità.

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Articoli: World Press Photo 2023, fuori i vincitori

Ritorna il World Press Photo, il più importante premio fotogiornalistico del mondo. Recentemente in questo articolo ho pubblicato la recensione della magnifica mostra fotografica allestita nella città di Bari per l'edizione 2022.

Lo scorso 29 marzo la prestigiosa associazione no-profit nata nel 1955 ha annunciato i 24 vincitori regionali per l’anno 2023. Come già vi dissi qui i lavori premiati fanno riferimento alle migliori opere di attualità relative all’anno precedente e ricordo che dall’anno scorso il criterio di selezione attribuisce uguale peso a tutti i continenti del mondo: Africa, Asia, Europa, Nord e centro America, Sud America, Sud-est asiatico e Oceania.

I progetti scelti sono stati selezionati prima dalle giurie regionali e poi dalla giuria globale.

A partire da oltre 60mila partecipanti si e’passati a 3752 provenienti da 127 paesi per poi arrivare ai 24 vincitori.

Come affermato da Brent Lewis, Presidente della giuria globale, “le fotografie scelte a rappresentare il 2022 sono tutte indicative di quel preciso momento storico, documenti importanti che permetteranno alle future generazioni di conoscere il proprio passato”.

Ed ora, ecco i nomi dei vincitori suddivisi per continenti.

Africa: Lee-Ann Olwage, Nick Hannes, M’hammed Kilito, Mohamed Mahdy e Jonathan Fontaine.

Asia: Maya Levin, Mads Nissen, Anush Babajanyan, Hossein Fatemi, Ahmad Halabisaz e Weimin Chu.

Europa: Alkis Konstantinidis, Evgeniy Maloletka, Simone Tramonte, Cesar Dezfuli ed Emilio Morenatti.

Nord e Centro America: Jonas Kakó, Carlos Barria, Cristopher Rogel Blanquet e Ashley Peña.

Sud America: Musuk Nolte, Alessandro Cinque, Fabiola Ferrero, Johanna Alarcón e Tomás Francisco Cuesta.

Sud-est asiatico e Oceania: Mauk Kham Wah, Hannas Reyes Morales, Kimberly dela Cruz, Chad Ajamian e Nadia Shira Cohen.

Ecco una selezione dei lavori, vi invito a visionarli tutti sul sito del WPP.

I vincitori globali, uno per ognuna delle 4 categorie - foto singole, storie, progetti a lungo termine e open format - verranno annunciati giovedi 20 aprile.

Alessandro_Cinque.jpgAlkis_Konstantinidis.jpgAnush_Babajanyan.jpgAshley_Pena.jpg.jpgCesar_Dezfuli.jpgChad_Ajamian.jpgCristopher_Rogel_Blanquet.jpgEmilio_Morenatti.jpgEvgeniy_Maloletka.jpgFabiola_Ferrero.jpgHannas_Reyes_Morales.jpgHossein_Fatemi.jpgJonas_Kak__.jpgKimberly_dela_Cruz.jpgLee_Ann_Olwage.jpgM_hammed_Kilito.jpgMads_Nissen.jpgMads_Nissen2.jpgMauk_Kham.jpgMaya_Levin.jpgMusuk_Nolte.jpgNadia_Shira_Cohen.jpgNick_Hannes.jpgSimone_Tramonte.jpg

Fotografie: Il Barigadu e la regolamentazione delle acque

Barigadu, in una zona dove le piene del fiume Tirso lasciavano margini di crescita ad una già drammatica situazione di malaria, a partire dal 1910 inizia un percorso che parte dall'On. Carboni Boy con la cosiddetta Legge Tirso e che, grazie alle ampie vedute di uomini come Angelo Omodeo e Giulio Dolcetta, portano questa fascia di territorio ad una trasformazione importante attraverso la costituzione della Società Elettrica Sarda e della Società Imprese Idrauliche Elettriche del Tirso.

Una serie di opere idrauliche e di impianti di produzione, sistemi di rimboschimento e bonifica detteranno l'impronta di quello che è oggi il paesaggio contemporaneo della piana del Tirso.

Nelle foto un dettaglio di uno degli impianti di produzione, snodo fondamentale dell'elettrificazione dell'isola.

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Fotografie: Il circuito chiuso nelle cooperative agricole di fine 1800

Nel mondo delle cooperative agricole nate a cavallo tra fine 1800 e gli inizi del 1900, una caratteristica comune di alcune borgate autonome è un sistema "a circuito chiuso" degli schemi di produzione, che poi sono andati ad impattare anche la vita delle persone che ci vivevano, creando per molti anni una struttura rigida e gerarchica all'interno dei lotti abitativi.

Una terra dalla storia così complessa, dove siccità e malaria sono coesistite per decenni tra braccia che trasportavano sacchi di grano, fame e occhi che controllavano il bestiame, ma esistevano anche desideri, speranza e realizzazione.

Una storia difficile da ricostruire.

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Fotografie: Nelle montagne del Cixerri

Io da sempre, ancor prima di fotografare, sento l’esigenza di vivere determinati luoghi in maniera intensa, di restare più a lungo, di tornarci tante volte. Si instaura così un rapporto fatto di rumori, di sensazioni, di profumi e altre innumerevoli cose. Quando un posto mi diventa familiare ecco, a quel punto mi sento pronto ad osservare, spettatore fortunato di una terra che è qui da molto prima di me e che resterà qui anche quando io non ci saro’più.

Prima della forma e anche della sostanza viene quindi l’esperienza, l’immersione. Senza di questo sento che sto solo attraversando qualcosa ma non mi rimane nulla di quel vissuto.

Ho scattato questa immagine appena uscito dalla tenda dopo una notte tempestosa in cui sembrava dovesse volare tutto via, li tra le montagne.

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Fotografie: La Cupola. Dante Bini in Sardegna. Parte 1

Nel 1964 il regista Michelangelo Antonioni mentre è sull'isola di Budelli in Sardegna per le riprese del suo film "Deserto Rosso" conosce un imprenditore che sta acquistando lotti di terreno sul mare per costruire un villaggio turistico in quella che oggi viene chiamata Costa Paradiso, a pochi chilometri da Trinità D'Agultu e Vignola. Antonioni fa un sopralluogo e scopre un paesaggio selvaggio (all'epoca) e decide di acquistare.

Passa qualche anno e l'allora compagna di vita nonché grande attrice Monica Vitti conosce un architetto, Dante Bini, che le parla di un progetto radicale nominato Binishell. La visione dell'architetto consiste in una cupola realizzata con un’unica colata di cemento gonfiata e sollevata grazie a una camera d’aria. La Vitti ne parla subito ad Antonioni e inizia la realizzazione di una residenza estiva dagli alti connotati architettonici.

Un edificio rivoluzionario e sostenibile che all'epoca crea di fatto un impatto ambientale pari a un terzo rispetto ad una abitazione di tipo tradizionale. Ma questa è solo una delle circa 1500 Binishell che l'architetto ha creato durante l'arco della sua carriera, un sistema che prevede l’utilizzo di una cassaforma pneumatica dinamica per abbattere tempi e costi del cantiere.

Negli anni sono tante le personalità che sono passate a trovarli per Costa Paradiso, tra i vari nomi citiamo Tonino Guerra, Andreji Tarkovskij, Macha Méril e Sergio Vacchi.

L'architetto modenese Lucio Fontana descrisse la casa come "una luna di cemento, magnifica e leopardiana, abbandonata sulle rive scoscese in Costa Paradiso" e nel 2014 Rem Koolhaas, curatore della XIV Biennale di Architettura di Venezia, definisce la Cupola "una delle architetture migliori degli ultimi cento anni".

Attualmente candidata ad entrare nel fondo FAI vive uno stato di abbandono semipermanente.

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